Da giovane hippy che vendeva in strada gli oggetti di bigiotteria, a raffinato artista del cesello, in grado di creare gioielli per le più note maison italiane e di restaurare gli antichi tesori custoditi in chiese e musei.
È questa la sorprendente parabola umana, artistica e professionale di Franco Blumer, cesellatore titolare di un laboratorio in vicolo Aquila Nera, in Città Alta, gradito ospite della conviviale di lunedì 15 gennaio 2007.
Nato a Bergamo 47 anni fa, sposato e padre di due figli, Blumer è stato invitato a parlare i soci dell’attività che ha svolto al Museo Poldi Pezzoli, nota istituzione milanese dove, dal 1998 al 2000, ha restaurato le oreficerie, i bronzi, le antiche armi e le armature della collezione museale.
In realtà, la sua relazione ai soci è stata un lungo e affascinante viaggio fra la storia e i segreti dell’arte del cesello, di cui Blumer è uno degli ultimi depositari, erede di una tradizione millenaria che ha sfornato, dalle botteghe dei maestri artigiani, artisti di fama internazionale ma che oggi, purtroppo, sta velocemente scomparendo.
“Esiste il rischio reale che questa tecnica finisca nel volgere di breve tempo”, dichiara Blumer, non senza una punta di amarezza. “Per apprenderla e comprenderla servono tempo e applicazione, e ormai più nessun giovane ha la pazienza e la voglia di frequentare per un periodo sufficiente le botteghe dei maestri. Io stesso ho avuto allievi sino a sette anni fa, poi più nessuno”.
La fortuna di Blumer, invece, è stata proprio quella di frequentare a lungo le botteghe di due validi maestri, Manlio Sironi ad Albino e Giancarlo Fecchio a Venezia.
“Ho iniziato a 18 anni vendendo bigiotteria per strada, poi, su consiglio del gioielliere Buccellati, amico di famiglia, ho frequentato il Politecnico del Commercio a Milano, dove ho conseguito il diploma di oreficeria, cesello e incisione. Quindi, la fondamentale esperienza a Venezia, a formarmi nella bottega del cesellatore-scultore Giancarlo Fecchio, con il quale il rapporto è stato simile a quello che gli allievi avevano con i maestri rinascimentali: vitto e alloggio; la mattina nelle chiese a disegnare; il pomeriggio in bottega a modellare la creta, sistemare gli attrezzi, imparare i segreti del mestiere”.
A Venezia, accanto alle attività di restauro, Blumer partecipa alla realizzazione di importanti opere in argento, bronzo o legno per committenti internazionali.
È il periodo in cui impara e affina le varie tecniche del cesello e dello sbalzo, dell’intaglio e del traforo, della lavorazione con il bulino e di quella a tutto tondo.
“Negli ultimi anni la lavorazione di un pezzo è stata segmentata, con l’opera che passa in mani diverse per le diverse fasi di realizzazione: l’orafo, lo scultore, il cesellatore, l’incastonatore. Io invece faccio tutto, poiché sono in grado di svolgere operazioni che assommano tutte queste funzioni, grazie all’esperienza maturata in bottega”.
Lasciata Venezia dopo quattro anni, Blumer torna a Bergamo e cerca una sua bottega. Trova ospitalità ad Albino, dal maestro Manlio Sironi, dal quale apprende i segreti dei metalli e l’arte di restaurare arredi sacri.
Poi Blumer apre in Città Alta il suo laboratorio di oreficeria – sempre cesellata – dove svolge attività autonoma. Nel 1998 il direttore del Museo Poldi Pezzoli gli chiede di sostituire il bravissimo Domenico Colura e gli affida il restauro e la sistemazione della nuova armeria, realizzata su progetto di Arnaldo Pomodoro. Un lavoro che dura sino al 2000.
“Un’esperienza importante, ma dopo due anni lascio il museo perché l’incarico è diventato inconciliabile con la mia attività”.